Oncologia ginecologica
Aggiornamento in Medicina
A cura di Giovanna Serenelli, Policlinico Monteluce, Perugia
Quello dell’ovaio è un tumore insidioso che viene spesso diagnosticato solo nelle fasi avanzate di malattia. La maggior parte delle pazienti comincia ad accusarne i sintomi molto tardivamente. Si tratta di sintomi vaghi come l’indolenzimento addomino-pelvico e un aumento di volume della parte bassa dell’addome.
La difficoltà della terapia e l’alta mortalità, (dopo cinque anni solo il 35% delle pazienti è ancora in vita) dipendono proprio dalla rarità con cui viene fatta precocemente la diagnosi.
La determinazione nel sangue di un antigene come il CA 125 non è sempre di aiuto nella diagnosi precoce perché valori alti di questo si riscontrano solo nell’80% dei casi in fasi avanzate di malattia.
Nella malattia al I stadio questa percentuale scende purtroppo fino ad un valore massimo del 60%.
La proteomica offre oggi qualche arma in più nella lotta contro questo tipo di cancro.
Come riportato in uno studio appena pubblicato in Lancet è stata utilizzata una tecnica basata sull’uso della spettroscopia di massa (SELDI-TOT) accoppiata ad un programma estremamente sofisticato che consente di identificare dei ‘profili’ tra le proteine a basso peso molecolare del siero (graficamente rappresentati come una serie di picchi). Particolari profili sembrano associati alla presenza di neoplasie dell’ovaio.
Lo studio, condotto su 66 pazienti non affette da malattie neoplastiche e 50 affette da cancro dell’ovaio ha dimostrato la possibilità di associare particolari profili con la presenza di cancro dell’ovaio.
Quello che è di fondamentale importanza è che il test ha identificato questi profili in tutti i 18 casi di cancri al I stadio, migliorando così enormemente la possibilità di diagnosi precoce (con sopravvivenza del 95%), specie in persone ad alto rischio (storia familiare, storia personale, mutazioni genetiche associate, come quelle dei geni BCRA 1 e BCRA 2).
L’esecuzione, per le pazienti, è semplicissima e assolutamente non invasiva: bastano poche gocce di sangue, prelevabili pungendo un dito. I risultati sono ottenibili nel giro di una mezz’ora.
Ulteriori studi occorreranno per validare il test, per verificarne le molte altre promettenti applicazioni e per abbassarne i costi che sono attualmente molto elevati. ( Xagena 2002 )
Lancet: 359, 572-577, 2002